MISERABILI

 

 

 

Il riscrivere l'opera ha consumato, dal tre aprile 1992 all' otto novembre duemilauno, 3631 pagine manoscritte.

 

 

 

 

 

 

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TRATTO dalla seconda parte del libro, ecco un frammento; spezzettato per consentire il confronto con l'originale che sta sulla colonna di destra:

 

Fin qui i Thénardier li abbiam visti unicamente in tralice; c'è quindi da girare nei meandri di questi due e guardare tutti gli aspetti che li caratterizzan.

        Thénardier aveva cinquant'anni: madame Thénardier stava a quaranta, che per una femmina equivale a cinquanta; quindi l'età tra i due s'equilibrava.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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        Chi legge certamente rammenterà, fin dalla prima entrata in scena, quella Thénardier, alta, dai capelli chiari, grassa, in carne, tarchiata, gigantesca e agile; lei, già si disse, aveva qualche entità della specie di quelle selvagge di smisurata grandezza che si inarcan nelle fiere ed han selci affissi ai capelli. In casa eseguiva tutta una serie di servigi. Faceva i letti, le camere, lavava i panni, puliva la cucina e s'inventava altre faccende. Alle dipendenze aveva unicamente Cosette; una creatura piccina che si rende utile ad un elefante.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Se parlava, tutta la casa tremava. La sua faccia larga, picchiettata di efelidi, sembrava una grattugia. Aveva la barba. Era la tipica figura dell'inserviente dei mercati generali di Parigi in abiti da meretrice. Bestemmiava splendidamente; si vantava di frantumare i tenaci gusci di certa frutta secca, assai tenaci; gli bastava, diceva, pressarli tra le mani. Senza i libri che fu capace di leggere e che in qualche frangente fecevan riapparire stranamente la civetteria di lei, malcelata dalla perfidia, mai a nessuna creatura sarebbe venuta l'idea di dire di lei: << E' una femmina>>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Quella Thénardier era equivalente ai risultati avuti dall' innestare una sgualdrina su una venditrice di pesci. Se la sentivan parlare dicevan: è un gendarme; se la guardavan bere dicevan: è un carrettiere; se la vedevan trattare Cosette dicevan: << E' il carnefice>>. Se stava ferma, le usciva un dente tra le labbra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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        Il Thénardier era d'una magrezza esemplare, dall'aria spenta, di indiscutibile durezza, esile, che aveva l'aria malaticcia e stava magnificamente: la sua furberia iniziava di lì. Se era incline all'ilarità c'era da stupirsi, vista l'inusualità di quegli atteggiamenti. Era invece gentile se trattava assieme alla gente. Persin ai mendicanti riservava i denari. Aveva gli sguardi della faina e l'aria d'un che vive di letteratura. Pareva assai ai ritratti dell'abate Delille. Aveva la civetteria di bere assieme ai carrettieri. Niun mai riuscì ad ubriacare quella creatura. Fumava una pipa gigantesca, Aveva una camicia striminzita e una giacca nera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Ed ecco il testo originale:

 

 

In questo libro si sono finora visti i Thénardier soltanto di profilo; è venuto il momento di girare attorno a codesta coppia e di guardarla sotto tutti gli aspetti.

Thénardier aveva allora passato la cinquantina e la Thénardier toccava i quaranta, che sono la cinquantina della donna; di modo che v'era equilibrio fra la moglie e il marito.

 

 

 

 

 

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Forse i lettori, fin dalla sua prima apparizione, han conservato qualche ricordo di quella Thénardier grande, bionda, rossa, grassa e grossa, tarchiata, enorme ed agile che aveva qualcosa, come abbiam detto, della razza di quelle colossali selvagge che s'esibiscono sulle fiere colle loro contorsioni, portando pietre appese alla capigliatura. In casa faceva tutto, i letti, le stanze, il bucato, la cucina, la pioggia e il bel tempo, ed aveva Cosette per unica serva: un sorcio al servizio d'un elefante.

 

 

 

 

 

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Tutto tremava al suono della sua voce, i vetri, i mobili e la gente. La sua ampia faccia, tutta picchiettata di macchioline rosse, aveva l'aspetto d'una schiumarola; aveva un po' di barba, e realizzava l'ideale d'un facchino del mercato vestito da donna. Bestemmiava magnificamente e si vantava di rompere una noce con un pugno. Se non fossero stati i romanzi letti, i quali, di tanto in tanto, facevan bizzarramente riapparire la smorfiosa sotto l'orca, non sarebbe mai venuta a nessuno l'idea di dire di lei: «È una donna».

 

 

 

 

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La Thénardier era il prodotto dell'innesto d'una civettina sopra una pescivendola; quando la sentivan parlare dicevano: «È un gendarme;» quando la vedevan bere, dicevano: «È un carrettiere;» quando la vedevan maltrattare Cosette, dicevano: «È un boia;» e quando era in riposo le usciva fuor dalla bocca un dente.

 

 

 

 

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Thénardier era un ometto magro e smilzo, angoloso, ossuto e striminzito, che aveva l'aspetto malaticcio e stava benone: di qui incominciava la sua furberia. Di solito sorrideva, per precauzione, ed era cortese pressappoco con tutti, perfino col mendicante al quale rifiutava un quattrino: aveva lo sguardo di una faina e la faccia da letterato. Somigliava molto ai ritratti dell'abate Delille. La sua civetteria consisteva nel bere coi carrettieri: nessuno era mai riuscito a ubriacarlo. Fumava in una gran pipa, indossava un camiciotto e, sotto, un vecchio abito nero

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